i+Diseño | Vol. 9 | Abril | Año VI
Mario Pisani
Facoltá di Architettura. Seconda Universitá degli Studi di Napoli. Italia
Astratto
Sull'ipotesi di un monumento, come un segno costruito in grado di evocare il territorio della memoria. In questo caso quella che illustra i meriti di una struttura produttiva che si afferma per i suoi meriti. Queste é le motivazioni che hanno indotto a commissionare a Kengo Kuma per farlo. L'elemento più interessante di questa opera, tra l'architettura e il design, consiste nella trasformazione di una piastrella ceramica in un elemento architettonico, evitando quindi il suo impiego convenzionale.
Parole chiave: piastrelle di ceramica, monumento, architettura-design, Casalgrande, Kengo Kuma.
A sign of design and architecture that speaks of our time. The intervention by Kengo Kuma for Casalgrande ceramics
Abstract
On the assumption of a monument, built as a sign to evoke the memory of the territory. In this case, one that illustrates the merits of a production structure that is stated on its merits. This is the motivation which prompted to commission Kengo Kuma to do it. The most interesting element of this work, between architecture and design, is the transformation of a ceramic tile in an architectural element, thus avoiding its conventional use.
Keywords: ceramic tile, monument, architecture-design, Casalgrande, Kengo Kuma.
I tempi che stiamo vivendo, così inospitali e ambigui, aderenti solo al presente, tanto da ignorare la lezione che giunge dal passato e insieme scarsamente interessati a progettare il futuro, appaiono lontani, a distanza siderale persino dall'ipotesi di un monumento, ovvero da un segno costruito in grado di evocare il territorio della memoria. Sia essa quella che illustra i meriti di un personaggio illustre, di una struttura produttiva che si afferma per i suoi meriti o di un avvenimento importante nella storia di una nazione.
Anzi il Movimento Moderno, per sua stessa natura proiettato all'inseguimento della chimera del progresso, non poteva soffermarsi a riflettere sul passato, tanto da negare la validità stessa della storia come ciclo di esperienze da cui apprendere per l'oggi e il domani.
Solo di recente, con il venir meno della seducente presa esercitata dal cemento delle ideologie, scopriamo di esserci privati di qualcosa di utile e significativo e consapevoli che senza la memoria si rischia di impazzire, di vagare persi nel deserto delle metropoli, si torna a picchettarne il territorio, con segni meno fugaci, capaci di rappresentare un legaccio, in grado di resistere al rapido consumo delle mode. Valido per fermare lo sguardo e il tempo, e sedimentare nell'immaginario collettivo, tramandando alle generazioni che verranno le nobili motivazioni che solitamente sono alla base dell'opera realizzata.
Ritengo siano queste le motivazioni che hanno indotto la Casalgrande, nota fabbrica di ceramiche, a commissionare a Kengo Kuma, il famoso progettista giapponese, particolarmente portato per le piccole costruzioni, siano essi padiglioni per il the o musei in miniatura o case di bambù, una sorta di nuova porta del distretto ceramico, localizzata proprio a Casalgrande, in provincia di Reggio Emilia, su di un'area di oltre 2800 metri quadri, con destinazione a verde pubblico.
Qualche mese or sono, in occasione del Salone del Mobile di Milano, nel Fuorisalone organizzato nel cortile dell'Università Statale, è stata presentata al pubblico proveniente dai più diversi Paesi un apparato scenografico immateriale. Una anticipazione, capace di far comprendere come sarebbe stata l'opera completata. Con la luce del giorno si poteva ammirare un velo fluttuante di organza semitrasparente che divideva il cortile raccolto e silenzioso. Una visione evanescente, quasi fantasmatica che lungo la diagonale del quadrato separava due giardini ideali composti da bianche tessere in ceramica e ciottoli di marmo, in analogia con il dispositivo previsto per la rotonda stradale.
Si tratta di una grande rotonda, ricoperta anche qui da ciottoli bianchi, gli stessi da cui si estrae il materiale ceramico, dove appare una sorta di paravento, un muro traforato, un merletto o una tenda, che si riflette su uno specchio d'acqua. Il tutto situato in dirittura d'arrivo verso l'ingresso dell'azienda. L'opera, chiamata CCCloud, per stigmatizzare il comportamento dinamico del muro che insegue un approccio sinuoso, impalpabile e in continuo divenire, appunto come le nuvole, si presenta lunga e affusolata alle estremità, mentre raggiunge nella sezione centrale lo spessore massimo di un metro e settanta. L'altezza è quasi di sei metri mentre il materiale usato è ceramico, usato nella forma strutturale, composta da nove piani di lastre in grès porcellanato tecnico, di grandi dimensioni (60x120 cm) —elementi di produzione standard della Casalgrande Padana— sovrapposte fra loro e agganciate da sottili barre filettate nascoste alla vista.
Per una strana combinazione quasi in contemporanea alla sua inaugurazione è comparso in edicola l'ultimo numero di Domus con un inserto sulla ceramica dedicato alla Spagna dove Kuma sta realizzando l'auditorium a Granada, ispirandosi al delizioso frutto della melagranata. Nelle pagine dell'inserto appare la Stazione di Polizia di San Andéas del Rebanedo, un comune nella regione di Castiglia e León, progettato da ARX Arquitectos, dove la facciata ventilata, rivestita di materiale ceramico, per il gioco delle aperture mostra una qualche ideale analogia con l'opera in questione.
Ovviamente il progetto per Casalgrande non poteva essere realizzato senza la partecipazione attiva della committenza. Del resto Vitruvio rammenta che l'architettura ha una madre e un padre e senza la partecipazione di entrambi l'opera non nasce. O meglio dimostrare tutti i difetti di un rapporto mancato.
L'elemento più interessante di questa opera a metà strada tra l'architettura e il design consiste nella trasformazione di una piastrella ceramica in un elemento architettonico, evitando quindi il suo impiego convenzionale come materiale per la pavimentazione o di rivestimento. Lavorando a stretto contatto con il team della fabbrica, Kuma ha compreso come disporli e organizzarli creando strutture inconsuete che alla vista appaiono agili, dinamiche, pronte a vibrare al vento. Non un'opera che occupa una porzione di spazio, ma qualcosa che si integra con il luogo, creando uno scambio, una osmosi tra il percorso e la meta. Un risultato ben diverso quindi da ciò che normalmente percepiamo nelle consuete rotonde.
La vocazione antimonumentale del design e dell'architettura del nostro tempo fa sì che la parete mostri il lato breve a chi giunge dall'esterno, in modo che l'opera sembra quasi dissolversi nell'aria. Solo nel percorso intorno ad essa la parete si modella e acquista corpo, fino ad apparire in tutti i suoi 45 metri di lunghezza, producendo una muratura, struttura primaria dell'architettura, dinamica, mossa, intrigante che ci parla della contemporaneità e della sua volontà di lasciare segni duraturi. Inoltre quel segno traforato che rimanda alle gelosie delle finestre medievali e ai moucharabieh che proteggono le aperture nei Paesi arabi, non rappresenta solo l'invito ad una percezione puntuale e inquadrata, non certamente convulsa e distratta, ma un richiamo ad osservare il mondo per ciò che realmente è e non certamente per ciò che vorremmo fosse.
Seguendo il percorso della rotonda all'inizio l'attenzione è rivolta principalmente al muro che si dilata progressivamente fino ad aprire punti di osservazione sulla fabbrica che a sua volta diviene fonte di richiamo verso quel mondo produttivo che è in grado di raggiungere risultati eccelsi tanto da trasformare lastre di ceramica, solitamente impiegate per altre necessità, in un materiale non solo seducente ma dotato di una sua carica particolare, auratica, ovvero capace di trasferire sacralità all'opera d'arte. Un elemento che stiamo perdendo per inseguire un mondo convulso e sovente inconcludente.